Quando si parla di Italia, spesso a prevalere è un’immagine negativa, soprattutto se messa a confronto con Paesi ritenuti più efficienti e “solidi” (non solo da un punto di vista economico-finanziario) rispetto al nostro. Le accuse più frequenti riguardano la nostra incapacità a “far quadrare i conti”, incuranti del fatto che le nostre criticità possono essere causa di problemi per i nostri Partner europei, oltre che il fatto che spesso il rispetto delle regole viene vissuto quasi come un fastidio: un Paese in cui tutti abbiamo il diritto di chiedere o avere qualcosa, ma dove la parola dovere fa venire l’emicrania.
Ma, ancora una volta, riusciamo a sorprendere (forse in primis noi stessi).
Vedere che nei primi 11 mesi del 2022 (mancano ancora i dati di dicembre) la nostra industria è cresciuta di oltre il 15,9% è qualcosa di stupefacente. Ovviamente il dato recepisce un’inflazione mai così alta da 40 anni: comunque la crescita, depurata dall’aumento dei prezzi, sarebbe del + 2,6%. Un livello ben più alto di quello fatto registrare da Paesi in cui l’industria sappiamo essere il vero volano dell’economia (vedi la Germania) o, comunque, ha una storia molto importante (vedi la Francia), che invece hanno fatto (sempre al netto dell’inflazione) un passo indietro neanche così modesto, rispettivamente a – 5,7% e – 4,9%. Un po’ meglio la Spagna, che si è fermata a – 1%. Da notare che la crescita segue quella ancor più “esplosiva” del 2021, quando, con un’inflazione ben inferiore, aveva toccato un incredibile + 22%. Tradotto in numeri, si parla, per il 2022 (su 11 mesi, come detto), di oltre € 164 MD, che portano il valore della produzione industriale a € 1.200 MD, vale a dire circa 2/3 del PIL (probabile, peraltro, che quest’anno si vada oltre la soglia dei 1.800MD).Una voce fondamentale è data dall’export, a conferma, una volta di più, della nostra vocazione “internazionale”: per la prima volta si supereranno i 600 MD, con settori come la moda, la farmaceutica e l’elettronica a fare da traino, con una crescita di oltre 20 punti percentuali, anche se si riduce, a valori “costanti” al 6,5%, dato comunque piuttosto positivo.
Forse non è casuale, pertanto, il fatto che il nostro indice azionario, in questa prima parte dell’anno, abbia surclassato, a livello europeo, tutti gli altri, con un rialzo che, per il Ftse MIB, supera il 15%, rispecchiando, di fatto, l’andamento dell’economia reale. I risultati delle trimestrali, infatti, sono stati, per quanto in calo rispetto all’anno precedente, ben superiori alle aspettative. Un dato confermato dai dividendi: una “dote” di ben € 76 MD che non può che fare felici i detentori delle partecipazioni, grandi o piccole che siano. E, da quanto è dato vedere in questo primo scorcio dell’anno, oltre che dai risultati pubblicati in questi giorni per l’ultimo trimestre 2022, anche il 2023 potrebbe non essere avaro di soddisfazioni sul fronte degli utili. Di certo l’andamento dei primi 40 giorni ha già permesso un recupero piuttosto significativo delle quotazioni, senza dimenticare gli ultimi 2 mesi del 2022, anche loro con il segno più. Considerato il “peso” del comparto bancario-finanziario e di quello energy, i due “contributori” maggiori in termini di performance, è probabile che “l’over performance” rispetto agli altri listini possa essere mantenuto, con il raggiungimento di nuovi massimi di periodo (siamo ancora ben lontani rispetto al 2000, quando il MIB si “aggirava” a 50.000 punti, ora siamo a 27.500 circa, lontani ancora il 45%…, mentre alti listini – vd Dax tedesco, senza scomodare Wall Street, hanno nel frattempo raggiunto nuovi massimi storici).
Dopo una prima parte di giornata positiva, ieri sera Wall Street ha invertito la rotta, arrivando a chiudere in negativo (Nasdaq – 0,91%, Dow – 0,73%, S&P – 0,88%). A far cambiare l’umore degli investitori probabilmente le parole di Jamie Damon, influente e ascoltato CEO di JP. Morgan, che ha dichiarato che l’inflazione non è ancora sconfitta, quasi in contrapposizione alle parole, ben più ottimiste, del Presidente FED Jerome Powell.
A pagare il prezzo peggiore, questa mattina,la borsa di Hong Kong, con l’indice Hang Seng che arretra del 2%.
Molto meglio Shanghai, in calo dello 0,31%, mentre a Tokyo l’indice Nikkei è sopra la parità (+ 0,29%). Negativa Seul, con il Kospi a – 0,7%.
Futures moderatamente negativi ovunque, con cali comunque piuttosto contenuti (– 0,10/- 0,20%).
Relativa debolezza per il petrolio, con il WTI a $ 77,85, – 0,38%.
Gas naturale americano a $ 2,466, + 1,32%.
Sempre debole quello europeo a € 53,00, – 1,76%.
Oro a $ 1.873,90, – 0,34%.
Spread in “stand-by”, sempre a 185 bp. Rendimento del BTP che scende al 4,11% dal 4,22% del giorno precedente.
Treasury a 3,66% dal 3,63% del giorno precedente.
€/$ a 1,0735.
Perde quota il bitcoin, sceso sotto i $ 22.000 (21.870), anche se questa mattina è in cerca di recupero.
Buona giornata e, come ogni venerdì, buon fine settimana.
Roberto
Ps: ci ha lasciati un grandissimo della musica. All’età di 94 anni è morto Burt Bacharach, uno dei più grandi compositori del secolo scorso, vincitore di 3 premi Oscar per la miglior colonna sonora, oltre che di svariati Grammy. Chiamato a spiegare il suo successo, così lo definì: “Le mie canzoni sono state accessibili a tutti perché sofisticate abbastanza da sfidare il tempio, ma non troppo sofisticate da impedire di essere ascoltate suonate da un pianista di piano bar”.